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Oggi, quando parliamo di antichi poemi epici, pensiamo subito alle tre opere più famose di tutti i tempi: l’Iliade e l’Odissea di Omero, e l’Eneide di Virgilio.

Non è un caso che questi tre poemi vengano associati l’uno all’altro. Uno dei motivi è che Omero è greco e Virgilio è romano, quindi questo insieme di opere rappresenta le due principali civiltà antiche da cui la cultura europea moderna trae le sue origini. Un altro motivo, più concreto, è che tutte e tre sono incentrate sulla famosa guerra di Troia e le sue conseguenze.

Come forse saprai, i poemi epici di Omero sono davvero, molto molto più vecchi dell’Eneide. In effetti, sono così antichi che molti studiosi credono che siano stati composti oralmente, prima dell’invenzione della scrittura, e solo successivamente siano stati scritti su carta (o forse su papiro).

Di Virgilio si dice che prima scrisse l’intera storia in prosa, e poi molto metodicamente tornò indietro e la trasformò in versi, che poi revisionò ancora e ancora e ancora. 
L’intero processo ha richiesto circa 12 anni, ma anche allora Virgilio non era soddisfatto e, sul letto di morte, si è raccomandato che il suo manoscritto fosse bruciato. Secondo la leggenda, fu salvato dalle fiamme solo per ordine dell’imperatore Ottaviano Augusto .

Quindi, Ottaviano deve essere stato un grande fan della poesia, giusto? Forse, ma probabilmente non era quella la ragione principale per cui voleva che il manoscritto di Virgilio fosse salvato dalle fiamme. La verità è che, almeno in superficie, l’Eneide è il racconto di come il principe troiano, Enea, portò il suo popolo a unirsi con gli italiani per formare le basi della nascita della grande città di Roma. Un modo piuttosto diretto per dare al potere di Ottaviano Augusto, indebolito dopo molti anni di brutale guerra civile, la legittimazione che gli serviva per tirare un po’ su gli animi.
Inoltre se è vero che Roma è figlia di Enea, ed Enea è figlio di Venere… la sua stirpe ha di conseguenza antenati piuttosto importanti!

„Sono il pio Enea, noto per fama oltre i cieli, e con la flotta mi porto appresso i Penati scampati al nemico. Cerco la patria Italia e gli avi miei, nati dal sommo Giove.“



Dopo la distruzione di Troia, il principe troiano Enea guida un piccolo gruppo di sopravvissuti alla ricerca di una nuova casa in Italia. Sfortunatamente, mentre salpano, vengono individuati dalla dea Giunone, moglie di Giove e regina degli Dei. Giunone odia i Troiani a causa di un vecchio rancore e perché conosce il loro destino. Saranno i discendenti dei romani e distruggeranno Cartagine, la sua città preferita. Cospirando con il dio dei venti, Eolo, Giunone quindi scatena una tempesta, costringendo i Troiani a rifugiarsi-  indovina dove? – proprio a Cartagine.

Qui incontra Didone, la bellissima regina della città, rimasta vedova da poco. La dea scatena Cupido, che scocca una freccia dal suo arco facendola innamorare perdutamente di Enea per fare in modo che l’eroe si trattenga e abbandoni il suo viaggio.

Quello che non sai è che Cupido è il fratellastro di Enea, entrambi vantano una madre piuttosto altolocata: Venere, la dea dell’amore!

Ma torniamo a quella notte. In un banchetto in suo onore, Enea racconta a Didone la storia di come Troia fu sconfitta e di come fuggì, portando suo padre Anchise sulle spalle e conducendo per mano suo figlio Ascanio fuori dalla città.

I Greci ingannarono i Troiani, facendo finta di ritirarsi dopo aver lasciato in dono un gigantesco cavallo di legno. Nonostante l’avvertimento di Laocoonte “Non fidatevi del cavallo, Troiani. Temo i greci anche quando portano doni”, il cavallo venne portato nelle mura della città. Durante la notte dal suo ventre sgattaiolavano fuori i soldati greci che aprivano le porte al loro esercito, decretando di fatto la caduta della città.

Assicurato dagli dei che un glorioso futuro lo attendeva in Italia, l’eroe salpò con una flotta di cittadini sopravvissuti.

Enea allora racconta i vagabondaggi per mare di lui e dei suoi compagni, che per due volte hanno tentato di ricostruire una nuova città, ma cattivi presagi e pestilenze glielo hanno impedito. Anche incontri ravvicinati con strane creature mitologiche come le Arpie, metà donne e metà uccelli, non hanno di certo facilitato il viaggio! 
Il racconto di Enea si conclude con la morte di suo padre, Anchise.

Enea e i Troiani finiscono per svernare a Cartagine, e lui e Didone diventano piuttosto intimi. A questo punto però Giove si preoccupa che Enea si stia distraendo un po’ troppo dal suo destino di fondare una nuova città. 
Persa la pazienza decide di inviare il dio Mercurio, messaggero degli dei, per ricordargli di riprendere il suo viaggio. Enea fa come gli viene detto e Didone, disperata, si trafigge con la sua spada, suicidandosi per amore.

Una tempesta costringe i Troiani a sbarcare in Sicilia, nel luogo esatto in cui hanno seppellito Anchise un anno prima. Mentre i troiani organizzano gare atletiche in onore del padre, Giunone convince le donne a dare fuoco alle navi. Rendendosi conto che non tutti sono entusiasti di andare in Italia come lui, Enea lascia alcune persone in Sicilia e salpa alla volta Italia con la sua squadra. 

La loro prima tappa del viaggio è Cuma, nel Golfo di Napoli, dove incontra la Sibilla, una sacerdotessa di Apollo dio del sole, che lo conduce nientedimeno che negli inferi, dove parla con suo padre Anchise e vede gli spiriti dei futuri eroi romani, in attesa di nascere. Incontra anche Didone. Cerca di parlarle ma lei lo rifiuta.

Consapevole del grande compito che deve portare a termine, l’eroe emerge dagli Inferi e salpa per il Lazio. 

Ed eccoci all’arrivo dei Troiani in Italia. Il re Latino, sovrano italiano, estende la sua ospitalità, sperando che Enea si riveli lo straniero che, secondo una profezia, sua figlia Lavinia dovrebbe sposare. Ma la moglie di Latino, Amata, ha altre idee. Vuole che Lavinia sposi Turno, un principe locale.

Una grande opportunità per Giunone, che invia una Furia per far impazzire di rabbia sia Amata che Turno. Quindi inganna Ascanio, figlio di Enea, che caccia un cervo tenuto come animale domestico dal guardacaccia di Latino. Turno, cavalcando questa corrente di rabbia, inizia una guerra.

Enea, su suggerimento del dio del fiume Tevere, naviga verso nord per cercare sostegno militare tra le tribù vicine. Durante questo viaggio, sua madre, Venere, scende per dargli una nuova armatura, forgiata dal dio Vulcano, decorato con scene del glorioso futuro di Roma. Nel frattempo, in assenza di Enea, Turno e i suoi uomini attaccano il forte troiano. Quando Enea torna, trova i suoi connazionali coinvolti in una battaglia. Pallade, il figlio del nuovo alleato di Enea, Evandro, viene ucciso da Turno. 

Le due parti concordano una tregua di 12 giorni in modo che possano seppellire i loro morti. Nel frattempo i leader latini discutono se sia il caso di continuare la battaglia. Decidono quindi di evitare ogni ulteriore inutile carneficina proponendo un duello corpo a corpo tra Enea e Turno. Quando i due leader si affrontano, tuttavia, gli altri uomini iniziano a litigare e la battaglia riprende. 

Dopo molti combattimenti, Enea finalmente si scontra con Turno e lo ferisce. Turno non può competere con Enea assistito dagli dei. Ferito e umiliato, chiede pietà. Enea sta per risparmiargli la vita quando vede che Turno indossa la cintura di Pallade. In un impeto di rabbia, Enea lo pugnala al cuore.

Con il matrimonio di Enea e Lavinia, la pace torna nel Lazio, dando inizio alla stirpe di Romolo, primo re di Roma e fondatore della città.

D’Italica forza possente sia la stirpe di Roma.