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Giacomo Leopardi definì Omero come il padre e il principe di tutti i poeti del mondo. 

Ma chi era Omero? Le fonti sono discordanti e molteplici. Nacque in Grecia, forse a Chio o forse ad Atene, e c’è chi colloca la sua nascita nell’XI secolo A.C. e chi invece nel VIII secolo A.C.  

Le città a contendersi le sue preziose origini, in realtà, sono ben sette. La leggenda lo vuole discendente del poeta Orfeo, oppure figlio di una creatura mitologica: la ninfa Creteide. Era forse un mercante divenuto cieco e poi un cantore girovago?  

Dietro al nome di Omero si cela un solo uomo oppure tanti aedi che l’un l’altro si sono avvicendati fino a dare forma all’Iliade e all’Odissea? 

La questione omerica, ovvero la teoria che vede Omero non uomo ma simbolo della poesia orale poi divenuta scritta, non si è ancora conclusa.  

Una cosa però è certa: l’eredità lasciata da questa figura misteriosa sembra essere destinata all’eternità. Iliade e Odissea, infatti, sono le fondamenta della letteratura greca e tra i testi più studiati al mondo.  

Tra le altre opere attribuite al cantore greco ricordiamo la Piccola Iliade, Inni agli Dei e la Betracomiomachia. Quest’ultima è un poemetto ironico, incentrato su una battaglia: i protagonisti però non sono né uomini e né dèi, bensì topi e rane.  

Omero era cieco? Così vuole la leggenda, resa ancora più viva dal personaggio del cantore non vedente che fa la sua comparsa in uno dei libri dell’Odissea. La cecità, nell’antica Grecia, era sinonimo di chiaroveggenza e di vicinanza con le muse, non possedere la vista avrebbe infatti sviluppato saggezza e sensibilità. Demodoco, questo è il nome dell’aedo descritto da Omero, era forse l’alterego letterario dell’autore?  

Il mistero attorno al grande Omero è fitto e probabilmente rimarrà irrisolto per sempre, ma è anche grazie al suo nome se l’antica Grecia splende ancora.