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Liliana Segre nasce a Milano il 30 settembre 1930, orfana di madre, vive con il padre e i nonni paterni.

A 8 anni, nel 1938, Liliana capisce di essere ebrea. Con l’emanazione delle leggi razziali fasciste viene espulsa dalla scuola che frequentava.

«Mi restò per anni la sensazione di essere stata cacciata per aver commesso qualcosa di terribile, che in seguito tradussi dentro di me come “la colpa di essere nata”; perché altre colpe certo non ne avevo: ero una ragazzina come tutte le altre».

Intanto scoppia la guerra, e la caccia agli ebrei italiani obbliga i Segre a scappare.
Il padre riesce a procurarsi documenti falsi e la nasconde dagli unici amici che avevano accettato di rischiare la propria vita per aver nascosto una ragazzina ebrea.

Il 10 dicembre 1943, insieme al padre e due cugini, tentano la fuga a Lugano con l’aiuto di contrabbandieri che erano soliti scortare antifascisti ed ebrei oltre il confine, per grandi somme di denaro.

Giunti in Svizzera però vengono respinti e rimandati indietro. Vengono arrestati in provincia di Varese e trasferiti a San Vittore, dove saranno detenuti per 40 giorni.

Il 30 gennaio 1944 più di 600 persone, tra cui Liliana, vengono caricate sul treno in partenza dal binario 21 della stazione centrale di Milano, diretto al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau.

Arriva ad Auschwitz il 6 gennaio dopo 6 giorni di viaggio. 

Di 605 persone, circa 500 vengono mandati alla camera a gas dopo poche ore.

Al momento della divisione fra uomini e donne, Liliana saluta il padre per l’ultima volta. Non lo rivedrà mai più. Esattamente come i suoi nonni che vengono deportati poco dopo e uccisi al loro arrivo.

Matricola 75190. Questo è il nuovo nome della Segre.

Viene liberata dopo due anni. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che sono stati deportati a Auschwitz, solo 25 furono i sopravvissuti.

Gli ebrei italiani deportati furono oltre 6mila.


Nel 2018 è stata nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Il 7 novembre 2019, a causa delle continue minacce e insulti che ogni giorno le sono rivolte attraverso internet e i social network, il prefetto di Milano le assegna una scorta.

“Vivevamo immersi nella zona grigia dell’indifferenza. L’ho sofferta, l’indifferenza. Li ho visti, quelli che voltavano la faccia dall’altra parte”